In memoria del poeta Giovanni Fronte
amico della Libreria Editrice Urso
Per farlo conoscere sempre di più in tutto il mondo
e anche a Noto, nella sua città, attraverso le sue poesie
“LE POESIE… DI GIOVANNI FRONTE…
…HO SEMPRE PENSATO E MI PIACE ANCORA PENSARE
(SE A TORTO NON IMPORTA) CHE ME LE AVESSE DEDICATE…”
Così mi scrisse qualche anno fa, nel 2009, attraverso una e-mail una persona che mi sembrò subito speciale…
Prefiguro già, qual potrà essere differente, spero a breve, il mio uso della lettura e della scrittura, con la piena gestione del mio tempo da pensionato qual sono da quasi un paio d’anni…
In oltre quarant’anni di relazioni culturali e di intrecci di eventi diversificati in tutto questo tempo, m’è capitato di tutto e di più nella vita, col privilegio di aver avuto relazioni speciali, particolarissime con cose sospese che stanno tra un essere e l’altro, tra un’esistenza e l’altra, tra una poesia o un libro e tutto il resto…
Ciò che può accadere ad un uomo, oltre ad aver letto, sì, questo libro, o di ricordare quel verso, è anche questo vivere davanti e dietro le quinte, percepire emozioni che non tutti possono avere. Borges sarebbe stato d’accordo con quest’allargamento esponenziale della lettura alle esperienze della vita…
M’è capitato più di una volta, certo, per la terribile condizione di mancanza di tempo, di non curare meglio gli anelli delle relazioni…
L’ho scritto… Il materiale accumulato attorno ai miei tavoli di studio è così tanto che ci vorrebbero tre-quattro vite per poterlo metabolizzare…
Sicuramente potrò dire alla fine di non essermi per niente annoiato, e di essere vissuto ricco di tanti eventi bellissimi…
Giovanni Fronte è il poeta di cui necessariamente dovremo ancora parlare in futuro (come abbiamo già fatto, e come abbiamo fatto per Ibn Hamdis e Mariannina Coffa).
Giovanni era un tipo molto, ma molto particolare, per la sua, diciamo, "curiosa" personalità.
Essergli amico non era di tutti, e lui mi riteneva, invece, suo amico!
Potevo dirmi un privilegiato se mi veniva a trovare spesso, e non doveva essere normale che lui andasse a trovare qualcuno come me, che per di più abitava anche lui fuori della sua città, che era per entrambi Noto…
A Serravento lui, e io in Falconara, entrambi “Noto-usciti”, e di Noto e dei poeti che lì vivevano s’era fatta l’opinione, in versi, che “si nutrono di barocco//ruminano barocco//rosicchiano barocco//vomitano barocco//sul mio stagionato barocco”.
Dichiarazione che varrebbe di sicuro anche per il futuro prossimo venturo, e che dovrebbe valere come bussola, non solo per i poeti che lì vivono, ma anche per politici di ogni livello, per progettisti di eventi a pagamento, e così via…
Riuscite minimamente a immaginare che un domani possa riconoscersi su alcuni vostri versi una vostra innamorata, o un vostro innamorato, e che di voi chieda notizie?
LIBRERIA EDITRICE URSO: LETTERA RICEVUTA IL 7 FEBBRAIO 2009
Buonasera e scusate se v'importuno, ma per me è importante. Ho conosciuto Giovanni Fronte a Bussana V., tramite una comune conoscente, nel lontano 1974, a fine anno. Ci tenemmo in contatto per un po’, poi, per i casi della vita, ci perdemmo per strada. Per una strana e rara coincidenza parecchi anni dopo lo incontrai proprio a Treviso, e ci riconoscemmo sbattendoci quasi addosso. Il tempo è passato e mi è venuto il desiderio di cercare sue notizie in internet....e ho visto che se n'è andato.
Quando? Ha dei familiari, dei parenti, a Serravento?
Leggendo lo scritto di Giovanni Stella mi sono resa conto, con una certa emozione (e commozione) che io ho, dattiloscritte e inviatemi da lui, le poesie "Nel caso tu ritornassi", e "Come una cosa pulita". Scritte poco tempo che ci eravamo conosciuti, almeno così dice nelle poche righe di accompagnamento. Ho sempre pensato e mi piace ancora pensare (se a torto non importa) che me le avesse dedicate. Come “Attesa”, “Col treno delle12” e “Zeroquattro”, per una ragione plausibile che ora non sto a spiegare.
Che dire? continuerò a conservare con affetto le poesie dattiloscritte, le tre brevi lettere che mi ha scritto e le tre poesie stampate con la sua dedica: “Schiuma bianca”, “Che anno era”, “A voi”. Perdonate la mia prolissità che nasce dalla nostalgia e dal ricordo di una persona di rara sensibilità che ho frequentato troppo poco. E vi chiedo un favore: nel caso abbiate le sue pubblicazioni, tutte, me le potreste inviare (contrassegno naturalmente) all'indirizzo che trascriverò in calce? O dirmi come e dove posso procurarmele?
Vi ringrazio per l'attenzione che avete dato a questa mia: rimango nell'attesa di una cortese risposta. Grazie ancora e cordialissimi saluti dalle tristi nebbie venete.
Firmata con nome e cognome e indirizzo
(che non pubblico per ragioni di privacy)
Non ho saputo che dire a questa signora, sicuramente bella per quello di bello che ha scritto, e mi dispiace.
Realizzerei benissimo una pubblicazione, e la prima copia la invierei gratuitamente a lei…
Le altre copie le darei, per una sorta di compensazione emozionale, a tutti quelli che in vita non gli furono per niente vicini…
Non è escluso che prima o poi non faccia così.
Francesco Urso
10 SETTEMBRE 2015















Per sapere di più:
https://www.facebook.com/media/set/?set=oa.1556603397891206&type=1
https://www.libreriaeditriceurso.com/poetipoesie/frontegiovanni.html
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Giovanni
Fronte, poeta
***
Lescursione domenicale mi porta in tarda mattinata a Testa DellAcqua.
Il clima di primavera avanzata mi induce a inerpicarmi sugli Iblei a
cielo aperto sulla Mg di colore verde inglese, come le foglie degli
alberi che sfiora, il quadrante e il cinturino dellorologio Chopard
1000 miglia al mio polso e il berretto, che indosso più per vezzo
che per necessità.
Il verde intenso è da sempre il mio colore preferito e questo
è un itinerario a me caro.
Passo da Serravento, dove un tempo ero solito far frequenti visite a
Corrado Sofia e alla sua Fernanda.
Mi ricevevano nella villetta circondata da alberi secolari e piante
dogni specie, curati dalle mani gentili di Corrado, uomo splendido.
Lospitalità affettuosa, i dialoghi, i gelati gustati in
piattini di fine limoges e con i cucchiaini in argento, sulla terrazza
dalla quale con unocchiata si abbraccia un ampio specchio di mare
e un pezzo di Sicilia, sono tracce indelebili dei miei ricordi.
Ed essi riaffiorano puntualmente ad ogni mio passaggio in quella curva
a gomito dove non posso più voltare a sinistra, per imboccare
la trazzera, ma mi è dobbligo proseguire nella
strada provinciale.
Essa, in buona parte, è realizzata sul dorso alto del monte e
fa dono al viandante sia esso novello o abitudinario di
un paesaggio meraviglioso che è munifica gioia degli occhi.
A Testa DellAcqua arrivo mentre lorologio della chiesetta
nella piazza, quasi deserta, segna i rintocchi delle ore dodici.
Mi accingo a fare inversione di marcia per guadagnare la via del ritorno,
ma un manifesto a lutto mi fa inchiodare lo spyder con una frenata brusca.
Giovanni Fronte, poeta. Strizzo gli occhi. Purtroppo ho
letto bene. La foto piccola, in alto a destra sul manifesto, non mi
lascia margini di speranza.
È lui.
La discesa dal monte stavolta è lenta, monotona, pensierosa.
Arrivato a casa chiamo al telefono Ciccio Urso.
Avevo conosciuto Fronte nella sua libreria. Ciccio mi dà conferma
con voce rattristata, comunicandomi di avermi cercato in studio prima
di andare al funerale, ma io mi trovavo fuori sede.
A portare lestremo saluto a Giovanni Fronte, Ciccio aveva notato
la presenza di vari giovani estrosi ma, non senza disappunto, non tanta
gente quanta forse avrebbe meritato.
Ma Giovanni, pensavo fra me e me, mentre Ciccio si sfogava, se avesse
potuto decidere da solo, credo proprio che avesse scelto quei
giovani come compagni del suo ultimo viaggio.
La forma, la convenzione, la circostanza, non gli appartenevano.
Giovanni Fronte era un anticonformista puro, poeta spontaneo, non costruito,
né artefatto, era uomo che viveva lesperienza del transito
nel pianeta sans-façon, e si faceva apprezzare, stimare, ammirare
da chi aveva il piacere di incontrarlo sia pure come me
per qualche minuto.
In quellincontro in libreria Ciccio mi presentò Fronte
in modo del tutto inusuale e originale.
Aprì il volume di Guido Ceronetti, La pazienza dellarrostito
(Ed. Adelphi), a pag. 54, e mi disse leggi qui: <<...Però,
lì abita un poeta... Mostra permanente di Ferri Vecchi
e composizioni in ferro di Giovanni Fronte. Sulla porta è
appeso un foglietto con una sua poesia, intitolata Attesa:
Col treno delle 12 e zero quattro
non è arrivata
Col treno delle 14 e cinque
non è arrivata
Dal treno delle 16 e 23
non è sceso nessuno
Col treno delle 18 e qualcosa
laspetto ancora
Sul treno della sera
tutti erano Lei e non lo erano
Il treno della notte
è passato fischiando
Per tutti i treni
cè un occhio vigile
e una porta aperta,
sappilo!
Questi versi hanno un incanto. Succede proprio così. Ma se fosse
scesa sarebbe rimasta. O ripartita. (Due sciagure). Lei, però,
è su ogni treno...>>.
Quando dopo aver letto, divertito e sorridente, restituii il libro a
Ciccio dicendogli bello, veramente bello, il mio vecchio
amico mi disse: Ecco, Giovanni Fronte è lui!.
Quelluomo che ci stava accanto, silenzioso e lievemente sorridente,
con una folta capigliatura bianca, era rimasto colpito dal modo sui
generis con cui era stato presentato da un comune amico ad una persona
sconosciuta.
Bastarono pochi minuti tuttavia perché mi sentii dire da Giovanni
affettuosamente: Ma via, diamoci del tu, non vedi che siamo già
diventati amici.
Fronte aveva un modo tutto suo di approccio con gli uomini e anche con
gli animali: o gli stimolavano tout court simpatia, e allora vi entrava
subito in simbiosi, ovvero, se li vedeva presi da disinteresse, apatia
o altergia, non esitava un solo istante a cambiare strada.
La sua immagine, per chi lo conosceva, era legata ai due lama, animali
che dal Nord aveva portato seco qui e con i quali conviveva come fossero
figli adottivi, ai quali prestava una cura costante e coi quali si accompagnava
anche nei suoi spostamenti dalla dimora di Serravento.
***
Ho fra le mani alcune poesie che Giovanni aveva donato in copia a Ciccio.
Trovo che i versi di Fronte sono limpidi e cristallini come lacqua
che sgorga dalla roccia.
In Quel mattino lautore si chiede Cosa dirò al mio
amore / quel mattino - il primo - / che si sveglierà al mio fianco?
/ Dirò soltanto: Tamo!
E poi si chiede cosa dirò lindomani / e poi lindomani
ancora / e per tutti i giorni a venire? / Dirò soltanto: tamo.
E il suo amore dopo il millesimo giorno Dirà che sono matto
ma certamente mi crederà.
Tamo è sicuramente la parola più usata e abusata
in amore, ma è la forza della spontaneità e delloriginalità
del poeta a conferirle un senso di accattivante piacere, di stimolo
e interesse nel lettore.
E Fronte crea una bella simbiosi di amore-pazzia (luno non è
senza laltra...) per poi concludere che il tutto si risolverà
in unaltra simbiosi: credo-verità.
Versi semplici, leggeri, eppur germinati da profonda sensibilità
interiore.
Come il tempo, affronta con semplicità il tema dello scorrere
del tempo, che Fronte non esita a definire ladro, che da anni
mi ruba ore / giorni / mesi / anni /: un furto continuo da quando sono
nato.
Eppure oggi a quel ladro il poeta ha rubato un minuto
/ ma che vale tutta una vita.
Una fulgurazione, questa, che merita la più intensa considerazione
del lettore attento.
Nei versi che hanno come titolo Nel caso tu ritornassi, il poeta lamenta
la partenza della persona amata (o, forse, per metafora, della gioventù?)
e in un monologo (che vorrebbe sortire leffetto di un dialogo
a distanza) le comunica che qui piove e fa freddo e manca pure
la legna / in casa non cè più niente da bruciare
/ E da quando sei partita / che do fuoco ad ogni cosa / Ma che
importa / via tu via tutto!
Anche qui il pregio della sintesi emerge evidente nei versi di Fronte
che con poche, giuste parole, riesce a comunicarci una sensazione di
distacco dalla vita e dalle cose materiali, a cagione di una grande
assenza che è stata presente in un momento di ciascuno di noi.
Poi per una sorta di speranza, mai abbandonata, comunica che penso
dandare nel bosco / a fare della legna / perché tu possa
scaldarti / nel caso ritornassi.
Nessuno sa se la persona amata che va via ritorna. Tutti hanno il diritto
di piangerne la dipartita, ma solo il poeta ha il dovere di sperare
e auspicarne il ritorno.
Per avvertire quanta ricchezza interiore cera in Fronte basta
leggere lincipit di Voglio vivere: Vorrei vivere / in un bel paese
povero / Ricco soltanto di calore umano / Con case antiche e mura screpolate
/ tra gente che saluta anche allestraneo.
Parole di un uomo sensibile rivolte ai simili perché apprezzino
che il vero valore della vita è in quel calore umano, ignoto
ai superficiali, ma che è patrimonio intrinseco degli uomini
veri.
A Quasimodo comunica che lui, suo vicino di casa, nuticianu, scende
laggiù /dove vive larancio/ dove muore larancio.
È un richiamo delle radici.
Fronte che ha trascorso linfanzia a Serravento in quel di Noto,
dopo aver a lungo vagato, avverte il bisogno di ritornare nei luoghi
primigenei e là fermarsi fino alla fine.
Un tema questo caro a molti, a tanti, allo stesso Quasimodo che quindici
giorni prima di morire improvvisamente, sente il bisogno, quasi un presagio,
di ritornare a visitare la sua casa natale a Modica.
Lo stesso era accaduto a Corrado Sofia, giornalista letterario e scrittore,
che dopo aver vissuto per decenni a Roma e aver girato il mondo portandosi
fino nei Balcani e financo in Cina negli anni Trenta, avverte alfine
lesigenza di tornare alla patria natia e con Fernanda torna a
Serravento, nella stessa località di Fronte, là dove dimorerà
gli ultimi anni di vita.
E Giovanni Fronte non poteva non dedicare a Corrado versi toccanti:
Sulla collina di Serravento / non cè più Corrado
Sofia... Lamico aspettava la Luna... e quando lha
vista... lha chiamata per nome / lha presa sottobraccio
/ e sono fuggiti insieme / allalba / come fanno spesso i poeti.
Mi piace pensare che anche Giovanni abbia fatto così.
Giovanni
Stella
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