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per Paolo Calabrò

a cura di Paolo Emilio Russo e di Francesco Urso
BIOGRAFIA

CalabròPaolo Calabrò nasce ad Avola il 14.07.1895 nella casa paterna sita in via Lincoln C.le Calabrò (già c.le Piccione), da una modesta famiglia (da Salvatore Calabrò che inizialmente svolgeva l’attività di barbiere, e da Antonia Guarino), secondogenito di sei figli.

Sin da giovanissimo si preoccupa di aiutare economicamente la famiglia anche nelle incombenze più faticose e pesanti.

I primi studi li compie al liceo classico governativo “Di Rudinì” a Noto dove consegue il diploma.

A vent’anni (1915) esordisce da Ufficiale combattente nella prima guerra mondiale sul San Michele del Carso dove, a seguito di una rischiosa azione, viene gravemente ferito nei pressi del fiume Isonzo; quivi si guadagna ben tre decorazioni al valor militare: una croce al merito di guerra, una croce di guerra al Valor militare e una medaglia d’argento per una coraggiosissima, quanto rischiosa impresa di attacco ad una postazione tedesca, la motivazione fu la seguente: “sebbene febbricitante eseguiva una ricognizione verso le linee nemiche in situazione particolarmente difficile; fatto segno a fucilate da pattuglie nemiche, continuava nella sua missione con fermezza e valore e riusciva a sfuggire con la pattuglia al suo comando e ritornava nelle nostre linee recando utilissime informazioni”.

PrigionieroFatto poi prigioniero l’otto giugno 1916 sull’Altopiano di Asiago a Stemple, viene internato in vari campi di concentramento per Ufficiali prima vicino Vienna e poi in Ungheria ( a Csòt, a Dunaszerdahely e successivamente ad Haimàskèr, a Komàron un’isola del Danubio). Durante la prigionia tenta per ben due volte la fuga la seconda volta, indossando una divisa da caporale austriaco, poiché parlava correttamente il tedesco (successivamente diventerà ottimo conoscitore anche della lingua francese e dell’ungherese), riesce a raggiungere Bucarest a piedi ma, pensando ai familiari che lo aspettavano ad Avola, ai quali inviava mensilmente anche parte della sua paga, ed al rischio che avrebbe corso, si consegna e viene deferito al Tribunale di Guerra Tedesco e condannato a morte. Innanzi al Tribunale di Presburgo, dove si svolse il processo, ebbe addirittura il coraggio di dichiarare di essere fuggito dal campo di concentramento per tornare a combattere contro i tedeschi che avevano invaso parte del Veneto.

Fu grazie poi alla sua confessione di essere Ufficiale dell’esercito italiano fuggito dal campo di concentramento, che la pena gli viene commutata in durissima detenzione come si evince dalle lettere che spediva ai familiari ad Avola che testimoniano la scarsità di cibo, l’incertezza sulla sopravvivenza insieme ai momenti di grande solitudine e sconforto, scriveva infatti ai familiari come nessuno possa immaginare le sofferenze del prigioniero assicurando, peraltro, il padre di avere fatto il proprio dovere fino in fondo prima della cattura; il Calabrò comunque si fa forza e trova la voglia di iniziare gli studi universitari letterari facendosi spedire i libri da Avola. In uno dei lager dove venne internato il Calabrò ritrova anche due avolesi, i soldati Sebastiano Midolo e Salvatore Scibilia, che prontamente li conforta dicendo loro che “..dopo giorni burrascosi, dopo nebbia fitta, verranno orizzonti nitidi e sereni..”

Durante la permanenza in uno dei campi di concentramento il Calabrò scampa miracolosamente pure ad un incendio che di notte divampa sulle baracche dei prigionieri causando morti e distruzione.

guerraAl termine della guerra viene liberato (1918) e il 27.01.1920, si laurea a pieni voti in lettere e filosofia a Palermo. Supera poi il concorso per l’insegnamento di storia e filosofia.

Tra il 1920 e il 1924 insegna presso i licei di Palermo, Perugia, “Di Rudinì” a Noto (1921-1922), “Cutelli” e “Spedalieri” a Catania (1923-1924), e Taranto (1924-1925).

Nel 1923 conclude positivamente il primo anno del corso di laurea in Giurisprudenza a Parma e si iscrive al secondo anno ma, i molteplici impegni non gli consentiranno di completarne gli studi.

In seguito vince il concorso bandito dal Ministero degli Affari Esteri e viene destinato come Lettore all’Università di Pécs in Ungheria e poi a Budapest.

Il 5.09.1928 sposa a Roma la professoressa Wanda Onesti di Anzio, autrice di numerosi scritti (diari di viaggio e novelle ambientate in Sicilia ed anche ad Avola) apprezzati per il suo stile fine e ricercato; la moglie morirà qualche anno dopo nel 1934 per tifo lasciando una figlia di soli quattro anni.

In Ungheria si svolge la prevalente opera del Calabrò dove rimane dal 1925 al 1940 prima come Presidente del Comitato della “Dante Alighieri” di Budapest (costituito da soci ungheresi) che poi trasforma ed organizza, anche a seguito della convenzione tra i due Stati sottoscritta a Roma nel febbraio del 1935, nell’Istituto Superiore Italiano di Cultura con le sue sezioni nelle città universitarie di Pécs, Szeged, Debrecem, Cassovia e negli altri centri di cultura dell’Ungheria (Miskolc, Kaposvàr, Baja, Nyiregyhàza e Ujpest); il Calabrò, che a Budapest accolse con cordiale e aperta disponibilità i connazionali e conterranei, compie con disinvoltura un’opera di cui la cultura italiana moderna poté andare fiera e a cui tutte le organizzazioni del genere poterono ispirarsi.

Palazzo Clotilde
Palazzo Clotilde, sede dell'Istituto a Budapest

L’Istituto creato con una modestissima somma iniziale a Budapest, aveva lo scopo di promuovere lo sviluppo delle relazioni italo-ungheresi nel campo della scienza, della letteratura e dell’arte; l’attività era così suddivisa:

·      un corso superiore di alta cultura,
·      corsi di lingua e letteratura per adulti,
·      un servizio di biblioteca,
·      un centro di smistamento del libro italiano,
·      un centro di informazione bibliografica,
·      uno schedario dei libri italiani esistenti in Ungheria,
·      cicli di conferenze, concerti, radiotrasmissioni, proiezioni di diapositive e di films italiani, contatti con gli Enti culturali prevalenti e pubblicazioni.

UngheriaA Budapest l’Istituto, dopo solo tre anni vantava circa diecimila iscritti su ben 221 corsi. Al corso di alta cultura organizzato dall’Istituto, il Calabrò riceve i migliori rappresentanti della cultura italiana del tempo come Francesco Orestano, Francesco Ercole, Luigi Russo (critico letterario, Rettore dell’Università di Pisa e Direttore della Scuola Normale di Pisa, nonché amico fraterno del Calabrò), Pietro Silva, Luigi Pirandello, Giovanni Papini, Ettore Romagnoli, Padre Agostino Gemelli (Rettore Università Cattolica di Milano), Balbino Giuliano, Giulio Bertoni, Fermi, Vittorio De Sica (Attore), Arturo Toscanini, i musicisti Casella, Carlo Zecchi, Margherita Cossa, Janigro, l’orchestra diretta da Sergio Failoni, il Quartetto di Roma ed altri.

Con Agostino Novelli
Con Agostino Gemelli

Il 28.05.1938 visita l’Istituto anche Mons. Angelo Calabretta, Vescovo di Noto.
Interrogata direttamente dal Calabrò all’Istituto di Budapest, supera l’esame di italiano l’Arciduchessa Anna D’Asburgo consorte dell’Arciduca Giuseppe Francesco.

In Ungheria il Calabrò riesce ad introdurre lo studio della lingua italiana, in forma obbligatoria, in tutte le scuole medie tanto che Benito Mussolini ebbe a complimentarsi personalmente con lui per “aver italianizzato” l’Ungheria e, successivamente, l’ex Ministro della Pubblica Istruzione Salvatore Valitutti ricordava “le vive tracce della diffusione della cultura italiana lasciate dal Calabrò in Ungheria”. Anche il Ministro dell’epoca, il Conte Vinci, elogiò pubblicamente il Calabrò per il modo eccellente in cui svolse l’opera di diffusione della cultura italiana in Ungheria, le lodi furono espresse pure sulle pagine del Corriere della Sera ( del 15 e del 16.11.36) dal Ministro Galeazzo Ciano.

Le due maggiori riviste letterarie ungheresi dell’epoca, Napkelet e UjKor, scrivevano di vedere nell’Istituto Italiano una vera e propria Università. L'Istituto Italiano di Cultura verrà ricordato successivamente anche dall'eroe Giorgio Perlasca quando ci riferisce che dopo l'8 settembre 1943, la sede venne difesa addirittura dalla polizia ungherese da un attacco dei fascisti italiani, essendosi i dirigenti schierati contro la neonata Repubblica di Salò, e riferisce anche che nel 1945 la stessa sede venne utilizzata come infermeria per i militari italiani reduci dai campi di prigionia tedeschi.

Con Badoglio
Con il Maresciallo Badoglio

A Budapest il Calabrò insegna la lingua e la letteratura italiana anche al Collegio Eotvos che, come la Scuola Normale di Pisa raccoglieva i migliori studenti laureati, e all’Accademia di Belle Arti.

Durante il periodo estivo (dal 1928 al 1940), il Calabrò riceve l’incarico di docenza di letteratura e lingua italiana per gli iscritti di lingua ungherese, dal Rettore Astorre Lupattelli, presso l’Università italiana per stranieri di Perugia.

A Perugia, il Calabrò fa istituire corsi di italiano e alloggi gratuiti per gli ungheresi che si trasferivano in Italia per studiare.

Dopo l’Ungheria, il Calabrò viene nominato addetto culturale a Berlino, in Germania, presso l’Ambasciata Italiana con l’incarico di docenza presso l’Istituto di lingua italiana e il compito di sovrintendere su tutti gli istituti italiani del Reich (Berlino, Amburgo, Bonn, Breslavia, Colonia, Danzica, Dresda, Francoforte, Friburgo, Giessen, Gottinga, Lipsia, Monaco, Graz etc.) con esclusione dell’Austria, ed inoltre con il compito di stimolare e sorvegliare ogni attività dei comitati della “Dante Alighieri” ivi istituiti.. Nel 1941, a Berlino, invita il famoso complesso del Teatro Reale dell’Opera di Roma per una serie di opere liriche con i migliori artisti dell’epoca come Beniamino Gigli e Gino Bechi; fu in quel periodo che il Calabrò conobbe personalmente anche Hithler.

Vittorio De Sica
Vittorio De Sica dedica la sua foto al Calabrò

In Germania, il Calabrò denunzia subito per iscritto al Ministero la subordinazione dei direttori dei corsi di lingua e letteratura italiana nei vari centri ai rispettivi Segretari dei Fasci ed inoltre, la devoluzione dei proventi dei corsi non a beneficio del miglioramento e del potenziamento degli stessi, bensì a beneficio di altre attività dei Fasci.

Il Calabrò evidenziava chiaramente la mancanza di cultura e di preparazione dei Segretari dei Fasci, peraltro distratti dalle molteplici attività politiche, per potere dirigere con buoni risultati un rilevante organismo didattico.

Le conseguenze di quanto detto furono che nel luglio del 1941, a seguito di un rapporto negativo dell’Ispettore dei fasci, il Calabrò è costretto a tornare in Italia e viene destinato alla Presidenza dell’Istituto magistrale di Firenze.

Il 15.05.1942 il Calabrò è nominato Provveditore agli Studi di Pesaro, quivi il suo desiderio di giustizia e legalità, nell’intrapresa opera di moralizzazione nelle istituzioni scolastiche, si scontra ben presto con le imposizioni e le pressioni dei rappresentanti locali del regime tanto che, viene fermato dal Comando militare tedesco con l’accusa di “sobillare contro i tedeschi tutti gli intellettuali della provincia di Pesaro”, per miracolo riesce a salvarsi dalla sicura fucilazione o comunque dalla deportazione in Germania.

Vi è anche il Ministro della Pubblica Istruzione dell’epoca che gli impone di provvedere al trasferimento di sede di un’insegnante al di fuori di una legittima graduatoria ma, il Calabrò si rifiuta fermamente rinviando tale “potere” al medesimo Ministro.

Palazzo Gallenga
Palazzo Gallenga, sede dell'Università
Italiana per stranieri di Perugia

Viene quindi, sottoposto ad indagine amministrativo-politica dal Ministero (1944) e, poiché il Calabrò non possedeva alcun merito fascista da far valere, si decide di destituirlo dall’incarico di Provveditore (dopo si apprenderà che tale decisione proveniva direttamente dal segretario del partito fascista Ministro Pavolini) e di assegnarlo alla Presidenza del Liceo “Minghetti” di Bologna (1945) ed inoltre viene spiccato nei suoi confronti un mandato di cattura dal tribunale straordinario di Pesaro con la minaccia di dispensa dal servizio; il Calabrò riesce a fuggire di notte, perché avvertito in tempo, e si rende irreperibile per diversi mesi.

La persecuzione continua perché a Bologna si rifiuta di impartire lezioni di lingua italiana al Comandante militare tedesco del luogo e anche per questo riceve una nota di addebito dalla Commissione di Epurazione per il personale dell’Amministrazione del Ministero della Pubblica Istruzione dove gli si contesta di avere perseguitato i fascisti (dipendenti dell’amministrazione scolastica) ed in particolare quelli che rivestivano una carica politica ed inoltre di svolgere opera di ostruzionismo all’Opera balilla alla quale non inviava le tasse di educazione fisica versate dagli alunni; anche in questa occasione il Calabrò riesce a discolparsi probabilmente perché il regime volgeva al termine, gli si commina comunque una pena disciplinare lieve (censura) che verrà annullata in sede di appello al Consiglio di Stato.

Luigi Russo
Ritratto di Luigi Russo, con dedica

Caduto il regime, è nuovamente nominato Provveditore agli Studi ed occupa la sede di Ragusa (1946-1947). Dal 1948 al 1949 è Provveditore agli Studi a Siracusa quivi, intraprende l’opera di impulso al funzionamento dei corsi delle scuole popolari, finalizzate a contrastare il diffuso analfabetismo tra le persone adulte (per questo riceverà un encomio dal Governo Regionale) ma, in particolare, provvede al riordino dell’attività assistenziale in favore dell’infanzia bisognosa svolta dai patronati scolastici, (istituiti con legge del gennaio del 1947), i quali provvedevano alla refezione scolastica, alle cure sanitarie, alle colonie estive, all’acquisto di libri e cancelleria ma anche di indumenti, il tutto con contributi di soci, di amministrazioni pubbliche, di offerte benefiche ed anche grazie ai contributi degli Stati Uniti d’America tramite l’Ufficio provinciale degli aiuti internazionali. In tal modo, il Calabrò istituisce nel Siracusano la refezione scolastica giornaliera nelle scuole di Siracusa, Floridia, Avola, Pachino e Rosolini.

Per la gestione e distribuzione di indumenti e scarpe offerti dagli americani, con la sopra richiamata organizzazione, sorge un conflitto tra il Provveditore e l’Arcivescovo del luogo, tanto che il Ministero provvede ad inviare un ispettore da Roma per acquisire informazioni sulla condotta del Calabrò (i giudizi richiesti ad alcuni ispettori scolastici furono unanimi sulla estrema rettitudine e sull’alto senso del dovere e di giustizia posseduti dal Calabrò). L’esito dell’ispezione sarà poi l’immediato trasferimento a Savona (1950-1951), che il Calabrò accetta con fierezza perché convinto di avere operato in modo retto.

Successivamente occupa la sede del Provveditorato di Varese (1952-1958) ed infine ancora Ragusa sino al 1960. La notizia del suo collocamento a riposo fu accolta da numerosissimi messaggi di riconoscenza, devozione e ammirazione pervenuti da tutte le parti d’Italia e anche dall’Estero.

Negli anni successivi,tornato ad Avola, continua ad essere incaricato a presiedere Commissioni di esami Stato presso i Licei delle province di Siracusa e Ragusa.

Il Calabrò fu autore di alcune pubblicazioni di seguito riportate:

·      Grammatica italiana per stranieri, Perugia 1932

·      Giovanni Verga e il Verismo nella letteratura italiana, Budapest 1930

·      Antologia di prosa e poesia ad uso degli stranieri I e II serie, Budapest 1934 - 1935

·      Compendio di storia della letteratura italiana ad uso degli stranieri, Perugia 1939

·      Profili di scrittori contemporanei I e II serie, Budapest 1933 - 1935

·      Poesie scelte e commentate per gli stranieri, Perugia 1931 - 1933

·      Manuale di conversazione italo-magiara, Budapest 1937

Con Lupattelli
Calabrò e Astorre Lupattelli (Rettore Università per stranieri di Perugia)

Alcune delle opere testè elencate furono adottate dalla Colombia University di New York, dall’Eastman school of music dell’Università di Rochester, dall’Università Australiana, dall’Ecole Cantonale di Porrentruy in Francia, dai corsi di lingua italiana istituiti dal Ministero in Portogallo, in Germania, in Brasile, in Egitto, in Turchia, in Argentina e in Inghilterra, da un Istituto svizzero di Lugano ed altri furono adottati ufficialmente dall’Università per stranieri di Perugia che ne curò l’edizione, la grammatica fu tradotta anche in tailandese e finlandese per l’uso didattico.

Particolare importanza rivestì il singolare metodo di cui fu autore per l’insegnamento della grammatica e della lingua italiana agli stranieri, la grammatica infatti fu lodata nei congressi della Dante Alighieri e fu la guida sicura di quanti in Ungheria e in tutte le sedi della “Dante” nel Mondo, intrapresero la conoscenza della lingua italiana.

In vita ricevette la promozione ad Ufficiale Superiore (colonnello) dell’esercito (fanteria) e le onorificenze di Cavaliere di Vittorio Veneto, di Commendatore al merito della Corona Ungherese, di Commendatore della Corona d’Italia e di Commendatore della Repubblica Italiana, ricevette inoltre il Diploma di Benemerenza con medaglia d’argento dalla Società nazionale Dante Alighieri, la medaglia d’argento della associazione Nastro Azzurro ed inoltre la comunità israelitica gli conferì il 3.10.1955 il relativo diploma iscrivendo il suo nome fra i benemeriti che “negli anni 1943-1945 con grave rischio personale soccorsero i correligionari perseguitati”.

Ricordare oggi un uomo che si è contraddistinto sia per il nobile senso della Patria, che tenne alto all’Estero e in Italia in momenti tanto difficili, sia per la sua intransigente equità e sia per la severa imparzialità sempre nell’alto ed esclusivo interesse delle istituzioni scolastiche, dell’insegnamento libero e dell’educazione dei giovani, un uomo che pagò in prima persona le conseguenze di tale atteggiamento, sembra doveroso soprattutto da parte della città di Avola che il Calabrò ha sempre avuto nel cuore tanto da desiderare di trasferirsi quivi stabilmente per concludere gli ultimi anni della sua movimentata esistenza.

Infatti durante il periodo ungherese il Calabrò, grazie agli introiti derivatigli dai diritti d’autore delle sue pubblicazioni, inizia la costruzione di un fabbricato (il primo in cemento armato nella cittadina) nei pressi del mare di Avola, nonostante l’iniziale contrarietà del Podestà che riteneva la zona estremamente periferica rispetto alle previsioni di espansione della città; l’edificio fu poi requisito e devastato (la biblioteca privata fu completamente distrutta) in occasione del noto sbarco degli alleati avvenuto nel luglio 1943.

Ad Avola, il Calabrò decede all’età di novanta anni il 6.02.1986.

... QUANDO OCCUPARSI DI CULTURA AVEVA UN SENSO...
AD AVOLA, A NOTO, ED IN TUTTO IL MONDO

PERSONAGGI DI QUESTO SCRITTO:
TESTO DI:
Alessandro Patti, grande poeta, professore eccellente di latino e greco (1894-1966)
LE PERSONE DI CUI SI PARLA:
Paolo Calabrò, grande personaggio di cultura avolese di respiro europeo, quasi del tutto ignoto ad Avola (1895-1996);
Luigi Castiglioni, latinista, filologo classico e accademico italiano (1882-1965)


PROVVEDITORE PAOLO CALABRÒ VARESE
(alle pagine 91,92 e 93 di Giuseppe Schirinà – Alessandro Patti, “Inedita”, Santocono Editore, Rosolini 2016)


Il salone delle conferenze era già pieno quando il provveditore Paolo Calabrò prese la parola. Parlò dell'arte in. generale, delle mostre spesso necessarie dato che gli artisti giovani hanno bisogno di farsi conoscere; dell'artista spesso incompreso, talvolta troppo osannato e talvolta anche dileggiato.
Nel parlare non gesticolava troppo, come aveva fatto l’oratore che l’aveva preceduto, ma le sue parole ricercate e forbite sortivano un grande effetto. Era incisivo e usava poche locuzioni. Ad un tratto notò un viso che esisteva solo nel catalogo dei suoi ricordi, un viso d'altri tempi, importante, familiare. E mentre ancora parlava, sdoppiandosi, si diceva: non è possibile, eppure sembra lui! Non voleva perdere però il filo del discorso, ma lo prese una certa fretta d'accertarsi se quella persona che aveva davanti fosse quella stessa che lui ricordava. Finì il discorso. Aveva addosso un'ansia quasi puerile. Prima ancora che gli applausi finissero, era già tra il pubblico ed in terza fila, vicino alla persona che aveva scorto. «Scusi!»
«Signor Provveditore, dovevo venire io da lei per complimentarmi. Ma mi ha preceduto!»
«Scusi, lei è il professore... »
«Castiglione. »
«O benedetto Iddio! Permette che lo abbracci!»
Il professore rimase sbalordito a guardare e intanto borbottava: «Ma ... lei, ma ... io ... »
«Sì, professore! Lei è stato mio docente a Noto! Al Di Rudinì! Ricorda? A Noto!» «Allora lei sarebbe ... »
«Ma che lei, professore! Tu, tu! mi dia del tu!»
«Allora saresti?»
«Paolo Calabrò! Sì! Paolo Calabrò!»
«Paolo Calabrò! Ecco; ora comincio a ricordare i tuoi tratti. È passata una vita. Quasi mezzo secolo. Eravate giovanotti, ora siete uomini maturil»
«Ricorda Noto?»
«E come si può dimenticare! Due sono le cose che non potrò dimenticare: la città linda, graziosa, ricca di opere d’arte: barocco. Splendido barocco. E poi quel tuo compagno: Patti! Meraviglia della Natura. In tutta la mia lunga carriera non ho più incontrato un ragazzo simile. Era qualcosa di straordinario! 10+ 10 io gli davo. Per l'esattezza e per la celerità. Prima ancora che tornassi in cattedra vedevo lui che mi pontava il compito esatto. Non si può dimenticare un ragazzo simile! E ora che fa?»
«Seguì il suo consiglio e si iscrisse ad Heidelberg. E lì rimase. Prima come studente, poi come docente. Fino a quando Hitler non sconvolse tutto. Ora è ad Avola, a casa.»
«E tu? Tu? Una splendida carriera la tua! Provveditore agli Studi!.. Mi pare un buon traguardo!»
«Le dirò. Dapprima ho insegnato storia e filosofia nei licei. Poi ho vinto un concorso del Ministero degli Esteri e ho insegnato all’università di Pecs e poi di Budapest, in Ungheria. Dove fui anche nominato presidente della Dante Alighieri. Carica che ho coperto dal '25 al '40. E dove feci venire uomini di gran cultura: Luigi Russo, Pirandello, Papini, Padre Agostino Gemelli e tanti altri ancora.
«Bravo, bravo! Sono orgoglioso di te!»
«Dopo fui trasferito in Germania, a Berlino. Addetto Culturale presso la nostra Ambasciata. Poi la guerra è andata com'è andata e il Ministero mi ha nominato Provveditore. Ed eccomi qua!»
«Meraviglioso! Meraviglioso!»
«Meravigliosa, professore, è l'occasione che ho avuto, stasera, d'incontrare lei»
«Certo, certo! Bella classe, quella però. C'eravate delle teste eccellenti: Patti, tu, Sgroi, Landogna, Di Giorgio, Toscano e qualche altro di cui non ricordo il nome. Tutti bravi! Tutti eccellenti! I risultati infatti si son fatti subito vedere. Bravi! Bravi! Se dovessi vederlo, Patti, portagli i miei più cari saluti e digli che non l'ho mai dimenticato e che l'ho sempre portato a modello dei miei alunni.»

 

Qualche breve cenno sugli albori
dell’Istituto Italiano di Cultura a Budapest

di Paolo Emilio Russo

(Paolo Emilio Russo è nipote di Paolo Calabrò, morto ad Avola a novant'anni il 6 febbraio del 1986.
Il nipote ripercorre la storia dell'Istituto Italiano di Budapest, dove svolse un ruolo importante il nonno avolese Paolo Calabrò. Dal 1925 al 1940 Paolo Calabrò fu Presidente del Comitato della “Dante Alighieri” di Budapest (costituito da soci ungheresi) che poi trasformò ed organizzò, anche a seguito della convenzione tra i due Stati sottoscritta a Roma nel febbraio del 1935, nell’Istituto Superiore Italiano di Cultura con le sue sezioni nelle città universitarie di Pécs, Szeged, Debrecen, Cassovia e negli altri centri di cultura dell’Ungheria (Miskolc, Kaposvàr, Baja, Nyiregyhàza e Ujpest). Il Calabrò, accolse a Budapest con cordiale e aperta disponibilità i connazionali e conterranei e compì con disinvoltura un’opera di cui la cultura italiana moderna poté andare fiera e a cui tutte le organizzazioni del genere poterono ispirarsi
).

Dopo la prima guerra mondiale, gli storici e antichi rapporti italo-ungheresi, riprendevano vigore. E’ del 1927 il Patto d’amicizia Italo Ungherese, cui nel 1935 seguiva il Patto di Roma.

Questi restaurati vincoli non potevano non esercitare grande influenza sulle relazioni culturali tra i due Paesi, che infatti presero un maggiore impulso. La Società Mattia Corvino, presieduta per ben sedici anni da Alberto Berzeviczy e, successivamente dal prof. Tiberio Gerevich esplicava una vasta e utilissima attività per rendere più intensi i legami culturali tra i due Paesi. Nel 1923 viene fondato a Roma l’Istituto Storico Ungherese, trasformato poi, nel 1927 in Accademia. Nel 1933 viene fondata a Budapest una sezione della Società Nazionale Dante Alighieri, ivi presieduta dal Prof. Paolo Calabrò, già in Ungheria dal 1925 come Lettore all’Università di Pécs e poi di Budapest. Accanto a queste società di carattere più scientifico sono da ricordare le iniziative di altri enti che in Italia e in Ungheria lavorarono per mantenere vivi i rapporti tra i due Stati. Allo scopo di dare maggiore impulso ai rapporti scientifici, letterari ed artistici fra l’Italia e l’Ungheria e per favorire una più larga espansione della cultura italiana in Ungheria e di quella ungherese in Italia, il 16 febbraio del 1935 fu firmata a Roma tra il Capo del Governo Italiano, Mussolini e quello del Governo Ungherese, Hòman, una convenzione culturale. In base all’articolo 1 della Convenzione fu creato a Budapest l’Istituto Italiano di Cultura per l’Ungheria, con lo scopo principale di promuovere lo studio e lo sviluppo delle relazioni italo-ungheresi nel campo della scienza, della letteratura e dell’arte. La sede centrale dell’Istituto era a Budapest presso il Palazzo Clotilde, Usku ut 6.  Così iniziava ufficialmente la cooperazione intellettuale tra i due Paesi ed a tale arduo compito fu chiamato il Prof. Paolo Calabrò L’Istituto Italiano di Cultura per l’Ungheria nasceva dunque con un compito complesso e delicato: mantenere vive e feconde le relazioni di cultura tra i due Stati, approfondirle e ampliarle. Centro organizzatore e coordinatore di tutte le iniziative che rientrano nel grande quadro dell’intesa culturale, facilitando l’opera degli studiosi magiari di problemi italiani, fornendo loro materiale, agevolandoli in viaggi di studio e nelle ricerche bibliografiche. Mediante una accurata organizzazione di manifestazioni che vanni dai Corsi di lingua e letteratura italiana per adulti al Corso Superiore e di Alta Cultura, dalle conferenze ai concerti di musica italiana e alla proiezione di films, l’Istituto Italiano si propose di diffondere tra il pubblico ungherese la conoscenza delle questioni più attuali della vita italiana. Ben presto, sempre ad opera infaticabile e instancabile del Calabrò, vennero aperte sedi decentrate dell’Istituto a Pècs, Szeged, Debrecen e Cassa. In realtà, inizialmente, all’Istituto venne affidata una modestissima somma, per cui i finanziamenti provenivano direttamente dai soci e dagli allievi. Dopo solo tre anni di vita, l’Istituto vantava circa diecimila iscritti, distribuiti su 221 corsi. Il Calabrò rimase a dirigere l’Istituto sino al 1940 quando fu poi inviato a Berlino, quale addetto culturale all’Ambasciata Italiana. Numerosi e famosi esponenti della cultura, della musica, del Governo nonché dell’apparato burocratico amministrativo italiano dell’epoca,  visitarono con estrema ammirazione l’Istituto e tra questi ricordiamo: Luigi Russo (critico letterario, Rettore dell’Università di Pisa e Direttore della Scuola Normale di Pisa), Pietro Silva (storico), Francesco Ercole, Francesco Orestano (filosofo), Luigi Pirandello, Giovanni Papini, Ettore Romagnoli, Padre Agostino Gemelli (Rettore dell’Università cattolica di Milano), Balbino Giuliano, Giulio Bretoni, Enrico Fermi (fisico), Vittorio De Sica (attore e regista), Arturo Toscanini, Casella (musicista), Carlo Zecchi, Margherita Cossa, Il Quartetto di Roma, l’Orchestra di Sergio Failoni. I Corsi di lingua Italiana furono frequentati anche dalla Arciduchessa Anna D’Asburgo consorte dell’Arciduca Giuseppe Franco.

in Italia & Italy, maggio 2006 (rivista centro europea di cultura italiana edita dall'Istituto di Italiano di Cultura di Budapest)

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