GLI
USA NEL GOLFO:
DA SEMPRE PER IL PETROLIO
* Perché bombardare gli iracheni?
* Iraq: il punto
sulle ispezioni
* Usa allIraq: Non usate scudi
umani
* Svezia (PM): guerra solo con mandato Onu e
solo dopo fine lavoro ispettori
* Vescovi inglesi:
guerra a Iraq moralmente ingiustificata
* Usa: conservatori
contro la guerra allIraq
* Patten (UE): niente
aiuti per ricostruzione Iraq se guerra è senza mandato Onu
* Appello Veterani Usa contro la guerra
* Usa: 41 città
per la pace
* Familiari vittime 11 settembre in
missione di pace in Iraq
GLI
USA NEL GOLFO:
DA SEMPRE PER IL PETROLIO
di Paul Rogers
Il controllo dellarea del Golfo Persico, come zona strategica vitale per
gli interessi americani, è da almeno 30 anni una delle direttrici fondamentali
della politica estera degli Stati Uniti.
La ragione sta nellimportanza
delle risorse petrolifere della zona: un fatto, questo, cui spesso viene data
poca attenzione.
Larticolo che pubblichiamo di seguito nella traduzione
italiana, è uscito il 27 dicembre 2002 sul sito inglese openDemocracy.
Lautore, Paul Rogers, è docente di Peace Studies allUniversità
di Bradford (GB).
Ora sembra chiaro, alcuni direbbero abbondantemente chiaro,
che lAmministrazione Bush è decisa a mettere fine al regime di Saddam
Hussein, ed è francamente difficile vedere come potrebbe essere impedita
la guerra.
Tutti i segnali politici che arrivano da Washington indicano un
conflitto entro i prossimi tre mesi, e ci sono numerose indicazioni del fatto
che la fase finale dellammassamento delle forze militari è imminente.
La guerra è probabile, che il personale dellUNMOVIC faccia progressi
o meno, e il rifiuto immediato dellofferta di accesso alla CIA fatta dallIraq
è una ulteriore indicazione del fatto che lAmministrazione Bush non
verrà distolta dal suo scopo.
Questo ci riporta a una delle questioni
fondamentali che circondano la crisi: perché Washington è così
impegnata su questa strada?
Articoli precedenti di questa serie hanno messo
in evidenza i problemi delle armi di distruzione di massa e dei cambiamenti nella
politica Usa della sicurezza quando Bush è arrivato al potere, ma dobbiamo
anche guardare da vicino allimportanza delle riserve petrolifere della regione.
E strano quanta poca attenzione si stia dando a questo aspetto della crisi,
ma ciò è dovuto in parte a una mancanza di comprensione dellimportanza
delle riserve petrolifere del Golfo. Questo, a sua volta, riguarda una questione
di cronologie.
Cè un argomento secondo il quale il controllo
dei giacimenti petroliferi iracheni da parte degli Usa ridurrebbe limportanza
di una Arabia Saudita potenzialmente instabile e presenterebbe anche una notevole
opportunità di investimento per le major petrolifere Usa.
Un contro-argomento
è che qualunque guerra aumenterebbe il rischio di una perturbazione dei
mercati petroliferi, il che si suppone sia una brutta notizia per le società
petrolifere.
In pratica, questo succede di rado. Durante precedenti periodi
di prezzi petroliferi in rapida crescita, come il 1974 e il 1979, molte delle
società petrolifere furono in grado di rendere profitti record. Questo
era dovuto principalmente alla loro capacità di aumentare i prezzi al dettaglio
quasi immediatamente dopo che questi erano saliti al punto di produzione, anche
se poteva esserci una catena di distribuzione di 100 giorni.
Ad esempio,
il petrolio alla fonte poteva aumentare di prezzo del 20%. Questo aumento di prezzo
veniva allora trasferito al consumatore entro 15 giorni, lasciando nella catena
di distribuzione 85 giorni di valore in petrolio che era stato acquistato al prezzo
vecchio ma venduto al nuovo.
Nella maggior parte delle circostanze, le società
che operano nel campo dellenergia primaria tendono a trarre vantaggio da
mercati al rialzo, così, se la guerra prossima porterà a un improvviso
aumento del prezzo del petrolio, possiamo aspettarci profitti molto buoni per
le società petrolifere entro un anno.
Anche così, la crisi irachena
non riguarda solo vantaggi a breve termine per le società petrolifere:
la oil connection è in effetti molto più preoccupata di tendenze
a lungo termine.
Per avere unidea dellimportanza del petrolio
iracheno nei decenni a venire, guardatela in questo modo.
Prendete tutte
le riserve petrolifere conosciute del bacino del Caspio al di fuori dellIran,
poi aggiungete le riserve petrolifere della Siberia. Aggiungete a queste le rimanenti
riserve petrolifere del Mare del Nord e poi includeteci i giacimenti delle West
Shetlands. Infine, metteteci le intere riserve petrolifere degli Stati Uniti,
compresi i giacimenti dellAlaska che ancora devono essere sviluppati.
Se mettiamo insieme tutte queste, ci avviciniamo abbastanza al 10 per cento di
tutte le riserve petrolifere mondiali. LIraq da solo ha più di questo,
e aggiungendo gli altri stati del Golfo arriviamo vicini al 70% delle risorse
mondiali.
Questo ci dà un certo senso di prospettiva ma solo sotto
forma di unistantanea. Quello che è molto più significativo
è la natura delle tendenze a lungo termine in riserve, produzione e consumo.
Quando ci inseriamo questo, abbiamo una indicazione chiara di questa importanza
in costante crescita del petrolio del Golfo Persico rispetto a ogni altra parte
del mondo. Trentanni fa, gli Stati Uniti erano praticamente autosufficienti
in riserve petrolifere, ma oggi essi importano oltre il 60% dei loro fabbisogno,
con le importazioni di petrolio dal Medio Oriente che crescono costantemente.
Il riconoscimento di ciò non è nulla di nuovo: fu uno dei fattori
decisivi dietro lo sviluppo della originale Forza di dispiegamento rapido quasi
25 anni fa. Inoltre, era una situazione che fu chiaramente riconosciuta dai Repubblicani
che arrivarono al potere con Ronald Reagan, 20 anni prima di George W. Bush, e
venne chiaramente dimostrata da una delle prime dichiarazioni dellera Reagan.
Ogni anno il comitato degli Stati Maggiori Riuniti Usa diffonde una Military Posture
Statement (MPS) per lanno finanziario successivo. La MPS per il 2004, ad
esempio, verrà pubblicata fra un paio di mesi.
Nel 1981, subito dopo
lelezione di Ronald Reagan, la MPS per il 1982 fu attesa con ansia come
una dichiarazione chiara del "riarmo dellAmerica" di fronte alla
percezione della minaccia sovietica che aveva aiutato Reagan ad andare al potere.
La MPS certamente aveva molto da dire sulle relazioni est-ovest, ma il suo capitolo
di apertura era, con sorpresa di molti, molto più preoccupato della vulnerabilità
crescente degli Stati Uniti ai conflitti per le risorse.
Esso descriveva,
carta geografica dopo carta geografica, un mondo in cui gli Usa erano sempre più
dipendenti da risorse importate: al 93% per la bauxite, al 95% per il cobalto,
al 97% per il manganese e al 98% per il columbio e il tantalio.
La maggior
parte di queste significavano poco per i non esperti, ma sostenevano i meccanismi
di una importante economia industriale, e i reaganiani avevano paura dellingerenza
sovietica in Africa, Asia e in altre fonti di approvvigionamento.
Molto più
significativa, e sottoposta ad analisi più dettagliata, era la preoccupazione
per le risorse petrolifere. Ricordate: ciò avveniva più di 20 anni
fa, quando la dipendenza degli Usa dal petrolio importato era molto minore di
adesso, tuttavia la Posture Statement entrava considerevolmente in particolari
sulle vulnerabilità americane e la necessità di garantire la sicurezza
del Golfo.
E giusto dire che molto di questo era nel contesto della
supposta minaccia sovietica alle riserve petrolifere del Golfo, ma era anche nel
periodo immediatamente successivo alla rivoluzione iraniana, e i consiglieri per
la sicurezza di Reagan si stavano già preoccupando delle "minacce"
regionali alle riserve petrolifere del Golfo.
Più di 20 anni dopo vediamo
la tendenza verso una dipendenza crescente dal petrolio del Medio Oriente come
un fenomeno a lungo termine, che si proietta in là nel futuro, ma ciò
era già stato riconosciuto agli inizi degli anni 80. Inoltre, molti
dei "falchi" dellera Reagan degli anni 80 sono tornati al
potere con Bush, spesso in posizioni di maggiore influenza.
Perciò,
esiste un riconoscimento profondo e diffuso nel cuore dellAmministrazione
Bush del fatto che la più significativa vulnerabilità futura per
gli Stati Uniti è la loro dipendenza che cresce costantemente dal petrolio
del Golfo.
Il Messico, la Colombia e il Venezuela possono essere fonti utili
di approvvigionamento, benché di qualità inferiore, e il bacino
del Caspio e la Siberia possono aiutare un po. Queste, tuttavia, sono essenzialmente
risposte a breve termine a un problema permanente.
Il Golfo Persico è
dove si trova il petrolio, e ciò che deve essere fatto è assicurarsi
completamente che il Golfo sia controllato in modo sicuro per molti anni a venire.
E un esempio inconsueto di pensiero strategico, non un fenomeno comune negli
ambienti politici, e permea lAmministrazione Bush a un punto che viene di
rado riconosciuto.
La crisi con lIraq, che adesso sembra arrivare a
un punto risolutivo, è parte di una strategia più ampia che riguarda
linfluenza a lungo termine sulle riserve petrolifere. Riconoscere questo
ci mette in grado di vedere quanto è importante, secondo lAmministrazione
Bush, che venga messa fine al regime di Saddam Hussein e che esso venga sostituito,
per garantire un quadro globale più accettabile del potere nella regione.
PERCHE
BOMBARDARE GLI IRACHENI?
Quello che segue è uno scambio
di battute fra il portavoce della Casa Bianca, Ari Fleischer, e una giornalista,
avvenuto nel corso del briefing quotidiano per la stampa il 6 gennaio 2003
Fleischer: Buon pomeriggio e buon anno a tutti. Il Presidente ha iniziato la sua
giornata con un briefing di intelligence, seguito da un briefing dellFBI.
Poi ha avuto una serie di briefing politici. E questo pomeriggio il Presidente
avrà una riunione di governo nella quale discuterà il suo programma
per questanno.
Il Presidente si concentrerà sulla crescita economica,
sul fare dellAmerica un paese più compassionevole, e sul provvedere
alla sicurezza della nostra nazione allestero e sul fronte interno.
E con questo, sono più che lieto di ricevere le vostre domande. Helen
D: Ari, nel briefing precedente tu hai detto che il presidente deplorava la perdita
di vite innocenti. Questo vale per tutte le vite innocenti del mondo? E ho unaltra
domanda.
Fleischer: Mi riferisco specificamente a un orribile attacco terrorista
a Tel Aviv che ha ucciso tante persone e ne ha ferito centinaia. E il presidente,
come ha detto ieri nella sua dichiarazione, deplora nei termini più duri
la perdita di queste vite e il ferimento di queste persone, innocenti, in Israele.
D: Laltra domanda è: perché vuole sganciare bombe su iracheni
innocenti?
Fleischer: Helen, la questione è come proteggere gli americani,
e i nostri alleati e amici
D: Non vi stanno attaccando.
Fleischer:
da un paese
D: Hanno aggredito voi o gli Stati Uniti
gli iracheni in 11 anni?
Fleischer: Credo che tu abbia dimenticato
gli americani che vennero uccisi durante la prima guerra del Golfo a causa dellaggressione
di Saddam Hussein di allora.
D: E vendetta, 11 anni di vendetta?
Fleischer: Helen, credo che tu sappia molto bene che la posizione del presidente
è che egli vuole evitare la guerra, e che egli ha chiesto alle Nazioni
Unite di andare in Iraq per aiutare a evitare la guerra.
D: Il presidente
attaccherebbe iracheni innocenti?
Fleischer: Il presidente vuole assicurarsi
che possiamo difendere il nostro paese, i nostri interessi, difendere la regione,
e assicurarsi che non vengano perse vite americane.
D: E pensa che essi siano
una minaccia per noi?
Fleischer: Non cè alcun dubbio che il presidente
pensi che lIraq è una minaccia per gli Stati Uniti.
D: Il popolo
iracheno?
Fleischer: Il popolo iracheno è rappresentato dal suo governo.
Se ci fosse un cambiamento di regime, gli iracheni
D: Quindi saranno
vulnerabili?
Fleischer: In realtà il presidente ha spiegato molto bene
che non ha vertenze con gli iracheni. Ecco perché la politica americana
rimane una politica di cambiamento di regime. Non cè alcun dubbio
che gli iracheni
D: Questa è una decisione che devono prendere
loro, o no? E il loro paese.
Fleischer: Helen, se tu pensi che gli iracheni
siano in condizioni di imporre chi deve essere il loro dittatore, non penso che
ciò sia quello che la storia ha mostrato.
D: Penso che molti paesi
non abbiano molta gente non abbia la possibilità di decidere
noi compresi.
IRAQ:
IL PUNTO SULLE ISPEZIONI
* Le ispezioni sugli armamenti non convenzionali
in Iraq sono iniziate il 27 novembre 2002, dopo una interruzione di circa 4 anni.
Gli ispettori vennero infatti ritirati nel dicembre 1998, alla vigilia delloperazione
militare Desert Fox e da allora non erano più rientrati nel paese.
* Il 7 dicembre 2002 (con un giorno di anticipo sulla scadenza prevista dalla
risoluzione Onu 1441 (2002)) lIraq ha consegnato la dichiarazione sui suoi
programmi di armamenti: un dossier imponente, composto da oltre 12.000 pagine,
suddiviso in quattro parti: nucleare, chimico, biologico e balistico
* Il
9 dicembre 2002 è stato reso pubblico un indice di 9 pagine
* Hans
Blix, Direttore Esecutivo dellUNMOVIC, e Mohammed El Baradei, Direttore
Generale dellIAEA, hanno fatto un rapporto preliminare al Consiglio di Sicurezza
il 19 dicembre 2002.
* Il 28 dicembre 2002 lIraq ha consegnato una
lista con i nomi di oltre 500 scienziati che hanno lavorato ai suoi programmi
di armamenti. La lista è attualmente allesame di Blix e El Baradei
che decideranno tempi, luoghi e modalità con cui essi dovranno essere intervistati..
* Il 9 gennaio 2003 Hans Blix e Mohammed El Baradei hanno presentato al Consiglio
di Sicurezza il rapporto finale sul dossier iracheno. Essi hanno detto di non
aver sinora trovato in Iraq alcuna "pistola fumante" (ovvero, nessuna
prova) del fatto che il paese possieda armi di distruzione di massa. Hanno tuttavia
ribadito che la dichiarazione presentata dallIraq è "incompleta",
e che molte questioni restano da chiarire. Dal dossier risulta inoltre che lIraq
ha violato le sanzioni dellOnu, importando parti (motori per missili) e
materie prime per la produzione di combustibile solido per missili per il suo
programma missilistico.
* Attualmente (al 15 gennaio 2003) sono 114 gli ispettori
dellOnu presenti in Iraq: 105 dellUNMOVIC e 9 dellIAEA. I siti
ispezionati all 8 gennaio 2003 sono 127 dallUNMOVIC e circa 88 dallIAEA.
Dal 5 gennaio sono iniziate le ispezioni con il supporto degli elicotteri. Di
recente è stato aperto un ufficio a Mosul, nel nord del paese. In febbraio/marzo
si prevede lapertura di un altro a Bassora, nel sud.
* Prossime scadenze:
19-20 gennaio 2003. Visita di Hans Blix e Mohammed el Baradei a Baghdad per colloqui
con i funzionari iracheni. Linvito era stato rivolto dallIraq, "per
fare un esame degli aspetti della cooperazione avuta sinora e delle prospettive
per migliorarla nei mesi a venire". 27 gennaio 2003: Primo rapporto ufficiale
al Consiglio di Sicurezza sui risultati delle ispezioni, secondo quanto previsto
dalla risoluzione 1441 (2002)(a cura di Ornella Sangiovanni)
USA
ALLIRAQ: NON USATE SCUDI UMANI
Washington, 15 gennaio 2003
Gli Stati Uniti hanno ammonito lIraq contro leventuale uso
di scudi umani per la difesa delle proprie infrastrutture civili dagli attacchi
aerei in caso di guerra. "E un reclutamento intenzionale di civili
innocenti allo scopo di metterli in pericolo nel caso in cui dovesse esserci un
conflitto", ha dichiarato il generale Richard Myers, capo degli Stati Maggiori
Riuniti Usa, durante un briefing al Pentagono. "Vorrei far osservare che
in base al diritto internazionale nei conflitti armati è illegale utilizzare
non combattenti come mezzo per difendere potenziali obiettivi, e qualunque tentativo
di far ciò da parte dellIraq non violerebbe soltanto queste norme,
ma sarebbe considerato crimine di guerra in qualsiasi conflitto", ha detto.
LIraq ha annunciato più volte dalla fine di dicembre 2002
di essere pronto a ricevere volontari da paesi arabi e occidentali che
servirebbero da scudi umani e verrebbero dislocati per proteggere siti sensibili.
Fonte: Reuters
SVEZIA
(PM): GUERRA SOLO CON MANDATO ONU E SOLO DOPO FINE LAVORO ISPETTORI
Stoccolma, 15 gennaio 2003 Un eventuale attacco contro lIraq deve
essere approvato dal Consiglio di Sicurezza dellOnu, e comunque non prima
che gli ispettori abbiano portato a termine il loro lavoro. Lo ha detto il Primo
Ministro svedese Goeran Persson in una intervista al giornale di Malmö Sydsvenska
Dagbladet.
"Se gli ispettori hanno bisogno di più tempo devono
averlo. Spetta a Blix e alla sua squadra fare questa valutazione e motivare un
dialogo con il Consiglio di Sicurezza", ha dichiarato.
Fonte: Associated
Press
VESCOVI
INGLESI: GUERRA A IRAQ MORALMENTE INGIUSTIFICATA
Londra, 15 gennaio
2003 Gran Bretagna e Stati Uniti non hanno ancora dimostrato la necessità
di una guerra allIraq, e se non lo faranno una offensiva sarà moralmente
ingiustificata. Lo hanno dichiarato i vescovi della chiesa anglicana, esortando
i governi a dare agli ispettori dellOnu tutto il tempo necessario a cercare
le armi proibite in Iraq. "Non crediamo che le prove presentate finora indichino
lesistenza di un legame chiaro fra liraq e al Qaida, o che lIraq
ponga una minaccia immediata alla sicurezza internazionale", hanno detto
i vescovi in una dichiarazione. "Senza nuove prove irrefutabili del contrario,
sosteniamo che una azione militare non potrebbe essere moralmente giustificata."
Fonte: Associated Press
USA:
CONSERVATORI CONTRO LA GUERRA ALLIRAQ
Washington, 14 gennaio
2003 - Lopposizione a una guerra contro lIraq negli Stati Uniti si
sta allargando a comprendere anche ambienti decisamente conservatori. Un gruppo
di manager americani ha acquistato una intera pagina del Wall Street Journal per
pubblicare una lettera intitolata "Un dissenso repubblicano sullIraq".
"Il mondo vuole che Saddam Hussein venga disarmato. Ma bisogna trovare
un modo migliore per farlo" dicono i suoi firmatari rivolgendosi al
presidente Bush.
"Siamo chiari. Abbiamo sostenuto la guerra del Golfo.
Abbiamo sostenuto il nostro intervento in Afghanistan. Accettiamo la logica della
guerra giusta. Ma, signor presidente, la tua guerra allIraq non passa il
test".
Business Leaders for Sensible Priorities, questo il nome del gruppo
che ha acquistato la pagina sul quotidiano finanziario americano, fa parte di
Win Without War (Vincere senza guerra): una coalizione contro la guerra di recente
formazione. I suoi membri si definiscono "americani patriottici che condividono
la convinzione che non si possa consentire a Saddam Hussein di possedere armi
di distruzione di massa", ma che ritengono "che una invasione militare
preventiva dellIraq danneggerà gli interessi nazionali americani".
Fonte: New York Times
PATTEN
(UE): NIENTE AIUTI PER RICOSTRUZIONE IRAQ SE GUERRA E SENZA MANDATO ONU
Londra, 14 gennaio 2003 i paesi dellUnione europea potrebbero non
contribuire alle spese per la ricostruzione dellIraq dopo una eventuale
guerra se gli Stati Uniti dovessero invadere il paese senza il sostegno delle
Nazioni Unite. Lo ha dichiarato Chris Patten, Commissario europeo alle Relazioni
Esterne, al quotidiano britannico Guardian. "Troverei molto più difficile
ottenere lapprovazione degli stati membri e del Parlamento europeo se lintervento
militare che ha determinato a necessità degli aiuti non avesse un mandato
dellOnu", ha detto.
APPELLO
VETERANI USA CONTRO LA GUERRA
Una campagna rivolta ai militari
delle forze armate degli Stati Uniti è stata iniziata il 6 dicembre 2002
da un gruppo di veterani americani di varie esperienze e orientamenti politici,
con la diffusione di un "appello alla coscienza" di cui pubblichiamo
di seguito la traduzione italiana, con lelenco dei firmatari al 14 gennaio
2003.
Per informazioni: www.calltoconscience.net Un appello alla coscienza
dai Veterani
Alle truppe in servizio attivo e ai riservisti
Siamo veterani
delle forze armate degli Stati Uniti. Siamo a fianco della maggioranza dellumanità,
compresi milioni di persone nel nostro stesso paese, contro la guerra generalizzata
degli Stati Uniti allIraq.
Attraversiamo molte guerre e molte epoche,
abbiamo molte opinioni politiche e siamo tutti daccordo sul fatto che questa
guerra è sbagliata. Molti di noi hanno creduto che prestare servizio nellesercito
fosse nostro dovere, e che il nostro compito fosse difendere questo paese.
Le nostre esperienze nellesercito ci hanno portato a mettere in discussione
molto di quanto ci era stato insegnato. Adesso capiamo che il nostro VERO dovere
è incitarvi, come membri delle forze armate degli Stati Uniti, a scoprire
per che cosa venite mandati a combattere e a morire e quali saranno le conseguenze
delle vostre azioni per lumanità. Vi invitiamo, truppe in servizio
attivo e riservisti, a seguire la vostra coscienza e a fare la cosa giusta.
Nellultima guerra del Golfo, ci venne ordinato, come soldati, di uccidere
da una distanza di sicurezza. Distruggemmo molto dellIraq dal cielo, uccidendo
centinaia di migliaia di persone, civili compresi. Ricordiamo la strada per Bassora
l "autostrada della morte" dove ci venne ordinato
di uccidere gli iracheni in fuga. Spianammo trincee con i bulldozer, seppellendo
vive le persone. Limpiego di armi alluranio impoverito lasciò
i campi di battaglia radioattivi. Un uso massiccio di pesticidi, farmaci sperimentali,
lincendio di depositi di armi chimiche e pozzi petroliferi si unirono per
creare un cocktail tossico che oggi colpisce sia gli iracheni che i veterani della
guerra del Golfo. Uno su quattro veterani della guerra del Golfo è invalido.
Durante la guerra del Vietnam ci venne ordinato di distruggere il Vietnam dal
cielo e sul terreno.
A My Lai massacrammo più di 500 donne, bambini
e vecchi. Non fu una aberrazione, è il modo in cui combattemmo la guerra.
Impiegammo lAgente Orange sul nemico e poi ne sperimentammo gli effetti
di persona. Sappiamo che cosa significa il Disturbo da stress post-traumatico
perché i fantasmi di oltre due milioni di uomini, donne e bambini ancora
perseguitano i nostri sogni. Fra di noi sono più quelli che si sono suicidati
dopo essere tornati a casa di quelli che sono morti in battaglia.
Se sceglierete
di partecipare allinvasione dellIraq, sarete parte di un esercito
di occupazione. Sapete cosa significa guardare negli occhi di un popolo che vi
odia nel più profondo?
Dovreste pensare a che cosè in
realtà la vostra "missione". Vi stanno mandando a invadere e
occupare un popolo che, come voi e me, sta solo cercando di vivere la propria
vita e di allevare i propri figli.
Essi non pongono una minaccia per gli
Stati Uniti, anche se hanno per leader un dittatore brutale. Chi sono gli Usa
per dire al popolo iracheno come gestire il proprio paese quando molti negli Usa
credono che neanche il loro stesso presidente sia stato eletto legalmente?
Si sta denigrando Saddam per aver gassato la sua stessa gente e aver cercato di
sviluppare armi di distruzione di massa. Tuttavia, quando Saddam commetteva i
suoi peggiori crimini gli Usa lo sostenevano. Questo sostegno comprendeva il fornirgli
i mezzi per produrre armi chimiche e biologiche. Mettete ciò a confronto
con i risultati spaventosi delle sanzioni economiche guidate dagli Usa. Più
di un milione di iracheni, soprattutto bambini e neonati, sono morti a causa di
queste sanzioni. Dopo aver distrutto tutta linfrastruttura del loro paese
compresi gli ospedali, i generatori di elettricità, e gli impianti per
il trattamento delle acque, gli Usa poi, con le sanzioni, hanno bloccato limportazione
di merci, medicinali, parti e sostanze chimiche necessari a ripristinare anche
le più elementari necessità della vita.
Non cè
onore nellomicidio. Questa guerra è omicidio sotto un altro nome.
Quando, in una guerra ingiusta, una bomba vagante sganciata uccide una madre e
il suo bambino non è "danno collaterale", è omicidio.
Quando, in una guerra ingiusta, un bambino muore di dissenteria perché
una bomba ha danneggiato un impianto per il trattamento dei liquami, non è
"distruggere le infrastrutture del nemico", è omicidio.
Quando, in una guerra ingiusta, un padre muore per un attacco cardiaco perché
una bomba ha interrotto le linee telefoniche, e quindi non ha potuto chiamare
una ambulanza, non è "neutralizzare le strutture di comando e di controllo",
è omicidio. Quando, in una guerra ingiusta, un migliaio di poveri contadini
soldati di leva muoiono in una trincea difendendo una città in cui hanno
vissuto tutta la vita, non è vittoria, è omicidio.
Ci saranno
veterani che guideranno delle proteste contro questa guerra allIraq e la
vostra partecipazione ad essa.
Durante la guerra del Vietnam migliaia in Vietnam
e negli Usa rifiutarono di seguire gli ordini. Molti resistettero e si ribellarono.
Molti divennero obiettori di coscienza e altri andarono in prigione piuttosto
che prendere le armi contro il cosiddetto nemico. Durante lultima guerra
del Golfo molti soldati resistettero in vari modi e per molte ragioni diverse.
Molti di noi uscirono da queste guerre e si unirono al movimento contro la guerra.
Se mai i popoli del mondo dovranno essere liberi, deve arrivare un momento in
cui essere un cittadino del mondo ha la precedenza sullessere il soldato
di una nazione. Quel momento è arrivato.
Quando arriveranno gli ordini
di imbarco, la vostra risposta avrà un impatto profondo sulle vite di milioni
di persone in Medio Oriente e qui in patria. La vostra risposta aiuterà
a stabilire la strada del nostro futuro. Avrete scelte dallinizio alla fine.
I vostri comandanti vogliono che voi ubbidiate. Noi vi esortiamo a pensare. Vi
esortiamo a fare le vostre scelte sulla base della vostra coscienza.
Se sceglierete
di resistere, noi vi sosterremo e saremo al vostro fianco perché siamo
arrivati a capire che il nostro VERO dovere è verso i popoli del mondo
e il nostro comune futuro.
FIRMATARI (nome, ramo, anno):
Kelly A. Allison,
Navy, 1975-1979
Ed Armas, Army, 1962-1965
Peter B. AShaw, Marine Corps,
1951-1954
Paul L. Atwood, Marine Corps, 1965-1966
Niall Aslen, Royal Air
Force, 1962-1986
Aram Attarian II, Air Force, 1965-1966
Henry Ayre, Coast
Guard, 1942-1945
Tarik Aziz, Army, 1970-1975
Collin Baber, Air Force,
1994-1998
Eric Bagai, Marine Corps, 1958-1961
David E Baker, Army, 1988-1991
George Batton, Marine Corps
Philip L. Bereano, USPHS, 1966-1970
Anton
Black, Navy, 1977-1984
Dave Blalock, Army, 1968-1971
Michael Blankschen,
Army, 1972-1973
David Bledsoe, Air Force, 1987-1997
Louis Block, Army,
1966-1972
Charlie Bonner, Marine Corps, 1963-1972
Blase Bonpane, Marine
Corps Reserve, 1948-1950
Fr. Bob Bossie, SCJ, Air Force, 1955-1959
Horace
R. Boykin, Marine Corps
Todd Boyle, Navy, 1970-1972
William P. Brandt,
Army
Don Broadwell, Marine Corps, 1960-1966
Roger W Brown, Marine Corps,
1957-1960
Greg Busby, Air Force, 1980-2000
Scott R. Cade, Army, 1968-1971
Rick Campos, Air Force, 1969-1971
William J. Cavanaugh, Army, 1951-1953; Army
Reserve, 1953-1982
Neville Chamberlain, Army, 20 years
Fredy Champagne,
Army, 1965-1966
Guy Chichester,USN 1952-1956
Gary A. Chipman, Army, 1970-1972
Elwood A. Chirrick, Navy, 1970-1972
Debra J. Clark, Army, 1976-1984
Rockney
Compton, Army, 1967-1974
David Connolly, Army, 1967-1971
James Coty, Army,
1959-1962
Dave Coull, Scotland, British Royal Air Force 1959-1964
Davey
Coull, Scotland SNP, 1939-1945
James M. Craven, Army, 1963-1966
Charlotte
Critcher, Army, 1964-1971
Milton Cunningham, Navy, 1943-1945
Candice Davis,
Navy, 1974-1978
Carl Dix, Army, 1968-1972
Barry Donnan, British Army,
1987-1993
Pat Driscoll, Navy, 1972-1975
Kenneth Dugan, Navy, 1984-1988
John P. Echavarria, Air Force, 1965-1969
David Eldredge, Navy, 1953-1955
Jake Elkins, Marine Corps, 1965-1969
Marcus Eriksen, Marine Corps, 1985-1991
Orlando Espino, Marine Corps,
Ed Everts, Air Force, 1941-1946
T. Patrick
Foley, Navy, 1997-2000
David J. Fonda, Army, 1968-1971
Dr. Ray Foster,
Army, 1972-1975
Lou Fox, Army, 1965
DISBNFriend, Marine Corps, 1981-1985
India Mahdi Gamboa, Air Force, 1985-1987
Jim Gibson, Army, 1968-1970
Ernest
Goitein, Army, 1943-1945
Jay R Goodman, Army, 1969-1970
Todd Greenwood,
Marine Corps, 1993-2001
Robert Charles Hamilton III, Navy, 1986-1990
John
Hanscom, Air Force, 1968-1990
Bob Hanson, Army Signal Corps, 1954-1956
James F. Harrington, Air Force, 1966-1967
David Harris, Air Force, 1965-1967
Rev. Richard K. Heacock, Jr., Navy, 1944-1946
Glenn Helkenn, Army, 7 yrs
Dud Hendrick, Air Force, 1963-1967
Rodger Herbst, Army, 1969-1971
Andres
Hernandez, Navy Reserve, 1979-1985
Steven A. Hessler, Air Force, 1973-1975
John Hockman, Army, 1963-1965
Walter Hrozenchik, Navy, 1951-1955
Allen
L. Jasson, Australian Army, 1972-1974
Michael L. Job, Army, 1968-1970
Eric Edward Johansson, Army, 1989-1992
Eric Joyal, Army, 1989-1996
James
Michael Kearney, Army, 1963-1965
Keith Keller, Air Force, 1966-1972
George
M. Kesselring, Air Force, 1942-1963
Talat Khan, Air Force, 1986-1992
Ronald
Knarr, Marines Corps, 1950-1952
Ron Kovic, Marine Corps, 1964-1968
Raymond
Krauss, Marine Corps, 1969-1972
Robert Krezewinski, Navy, 1973-1977
Marty
Kunz, Navy, 1970-1976
Krystal Kyer, Navy, 1993-1997
Michael Lawton, Navy,
1962-1965
John L. Levy, Naval Reserve, 1942-1946
Neal Liden, Navy, 1965-1969
Rela Mazali, Israel Defense Force, 1966-1968
Mark McCleary, Navy, 1996-2002
Ruth McKenney
Teresa Media, Navy, 1972-1977
Ronnie D. Miller, Army, 3
yrs
Jack Minassian, Army, 1943-1945
Michael Moore, Army, 1975-1979
Paul S. Moorhead, Navy, 1943-1946
Catherine Morris, Marine Corps, 1981-85
& Army Nat Guard, 1989-96
Paul Pat Morse, Air Force, 1965-1968
Bryan
Morrison, Air Force, 1994-1998
John L. Murray, Army, 1971-1973
Stan Nishimura,
Army, 1964-1967
Bruce McFarland, Navy, 1982-1986
Rob Moitoza, Navy, 1965-1971
Dale L. Morgan, Air Force, 1956-1960
David Rees Morgan, British Royal Air
Force, 1948-1950
John L. Opperman, Navy, 1951-1970
John J. Pagoda, Air
Force, 1965-1968 and 1985-1998
Todd A. Papasadero, Army, 1983-1989
John
Pappademos, Naval Reserves, 1943-1946
Jeff Paterson, Marine Corps, 1986-1990
Wilson M. Powell, Air Force, 1950-1954
Erwin Rommel, Army, 22 yrs
Randy
Rowland, Army, 1967-1970
Rodney A Rylander, Air Force, 1962-1967
Steven
E. Saelzler, Army, 1969-1971
Lee Santa, Army, 1965-1968
William F. Santelmann,
Jr., Marine Corps, Air Force Reserves, 1954-1957
Dan Scaarlett, Army, 1943-1945
Louis Anthony Schmittroth, Jr., Army, 1943-1956
Nikko Schoch, Army, 1968-1970
Betty R. Scott, Navy, 1943-1945
Briggs Seekins, Army, Gulf War
Vern Simula,
Army, 1954-1956
Charles T. Smith, Army, 1969-1971
John Steinbach, Coast
Guard, 1965-1969
Robert Stephens, Marine Corps, 1966-1970
Darnell S. Summers,
Army, 1966-1970
Thomas Swift, Army, 1953-1955
Harold Taggart, Air Force,
1959-1964
Toby Tahja-Syrett, Army, 1992-1996
Bruce William Taylor, Navy,
10 years
Tom Trigg, Army, 1967-1975
Joe Urgo, Air Force, 1967-1968
Gerald Waite, Army, 1967-1982
Paul J. Walker, Air Force, 1974-1978
William
H. Warrick III MD, Army Security Agency, 1968-1971
Eric Wasileski, Navy, 1993-1999
Joel Wendland, Army, 1991-1993
Tim White, Air Force, 1966-1970
David Wiggins
MD, Army, Gulf War
John P. Wirtz, Army, 1943-1946
Mike Wong, Army, 1969-1975
Leonard Zablow, Army, 1945-1946
Luis Zamora, Army, 1948-1971
Howard Zinn,
Air Force, 1943-1945
USA:
41 CITTA PER LA PACE
Sono 41 le città americane che
hanno sinora approvato risoluzioni contro la guerra allIraq. Fra queste:
San Francisco, Berkeley , Santa Barbara e Oakland (California); Baltimora (Maryland);
Washington, DC; Detroit (Michigan); Philadelphia (Pennsylvania); Seattle (Washington).
In numerose altre la campagna è ancora in corso. La campagna Cities for
Peace è un progetto congiunto dell Institute for Policy Studies,
Education for Peace in Iraq Center (EPIC), National Priorities Project, alcuni
circoli dell American Friends Service Committee (Quaccheri), e altri gruppi
di base, studenteschi e di ispirazione religiosa che stanno lavorando assieme
ad altri attraverso la coalizione United for Peace.
Per informazioni e aggiornamenti:
http://www.ips-dc.org/citiesforpeace
FAMILIARI
VITTIME 11 SETTEMBRE IN MISSIONE DI PACE IN IRAQ
Una delegazione
dei familiari delle vittime dell11 settembre è stata in Iraq in missione
di pace. Quattro donne, appartenenti a Peaceful Tomorrows - unassociazione
fondata da familiari delle vittime degli attentati che hanno deciso di reagire
al dolore condividendolo con quello delle vittime della guerra e della violenza
dovunque esse si trovino sono rimaste nel paese per sei giorni, visitando
ospedali, scuole e università a Baghdad e Bassora, e incontrando i parenti
delle vittime della guerra e dei bombardamenti americani.
Particolarmente
toccante è stato lincontro con i familiari delle vittime del rifugio
di Amariya, dove il 13 febbraio 1991 due missili uccisero oltre 400 civili, in
maggioranza donne e bambini.
I membri della delegazione hanno concluso il
loro soggiorno in Iraq con un appello ai leader mondiali perché "usino
limmaginazione" per trovare modi di evitare la guerra.
"Si
possono fare cambiamenti senza la guerra ed è ciò che noi sfidiamo
i nostri leader a fare", ha dichiarato Kathleen Tiney, una studentessa che
ha perso lo zio nellattacco alle torri del World Trade Center.
Alcuni
membri di Peaceful Tomorrows erano già stati in Afghanistan per incontrare
i parenti delle vittime dei bombardamenti Usa.
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